LO STATO DI FATTO

Dell’antica fornace restavano soltanto alcuni elementi: il camino, demolito per la metà e le camere di combustione. Le tettoie di copertura erano già state completamente rimosse. Da subito si evidenziavano le precarie condizioni dell’edificio dovute principalmente allo stato di degrado, ma anche alle caratteristiche costruttive tipiche delle fornaci. Le strutture portanti erano, infatti, costituite da due corsi di mattoni con interposta terra battuta. Anche i contrafforti, dall’aspetto apparentemente solido, erano realizzati con muricci di mattoni e sassi, poi riempiti di terra. Le camere di combustione erano completamente ricoperte da uno strato di terra che in alcuni punti raggiungeva il metro e mezzo di altezza.

 

Il deterioramento dovuto allo stato di abbandono peggiorava ulteriormente le condizioni. Le infiltrazioni d’acqua provocate dal crollo delle tettoie di copertura, il gelo e la presenza di materiale organico erano le principali fonti di degrado. A livello delle camere di combustione, ciclici allagamenti avevano provocato l’erosione di ampie parti delle murature inferiori; mentre la risalita dell’acqua per capillarità interessava completamente tutte le pareti in mattoni che si presentavano disgregate e ricoperte da efflorescenze. La presenza di terra all’interno della costruzione aveva favorito la crescita diffusa di vegetazione, le cui radici invadevano tutte le strutture.

 

Le volte a botte mostravano ampi cedimenti, in alcuni punti erano completamente crollate. Il camino era in buone condizioni statiche; mentre la sua superficie era coperta da muffe ed efflorescenze saline.

Perché restaurare un rudere quasi completamente crollato, un edificio senza alcun significato di tipo artistico o monumentale? Perché mantenere una struttura così ingombrante all’interno di un ambito territoriale in forte trasformazione? Questi sono i quesiti con i quali ci siamo da subito scontrati, ma che ci hanno provocato una serie di risposte che sono diventate poi il filo conduttore del nostro intervento di restauro.

Con il progetto di recupero abbiamo cercato di restituire la memoria di un edificio importante non tanto per la sua “bellezza”, ma come testimonianza della funzione che svolgeva. Una presenza da salvaguardare in quanto simbolo di una cultura proto-industriale, che è stata promotrice dello sviluppo sociale di una comunità. È interessante scoprire che nello stesso luogo, oggi come in passato, sorgeva un edificio sede di attività produttive.

Con queste premesse, non potevamo far altro che limitare l’intervento al consolidamento dello stato di fatto, eliminando le fonti di degrado e contenendo la ricostruzione a piccole parti. Operativamente si è proceduto a rimuovere la terra isolante per alleggerire il carico sulle strutture. In questo modo è stato messo a nudo l’estradosso delle volte, che è stato rinforzato strutturalmente effettuando la stilatura manuale di tutte le fughe con un legante speciale a base di coccio pesto. Alcune piccole parti delle volte crollate sono state ricostruite con il sistema della centinatura. È stato possibile recuperare anche alcuni comignoli di sfiato delle camere di combustione con gli originali coperchi in ghisa che venivano utilizzati per controllare e regolare il calore all’interno della fornace.

I contrafforti sono stati mantenuti nonostante la loro precarietà. La loro rimozione avrebbe modificato la statica dell’edificio e l’integrità del sistema di isolamento termico. Su di essi si è intervenuto semplicemente applicando un intonaco strutturale idrofugo per impedire il contatto dell’acqua con la terra isolante presente al loro interno.

Recupero archeologia industriale - fornace parietti

Con il progetto di recupero abbiamo cercato di restituire la memoria di un edificio importante nontanto per la sua “bellezza”, ma come testimonianza della funzione che svolgeva.
 

Year:

2003

CLIENT:

Impresa F.lli Rota Nodari

LOCATION:

Almenno San Bartolomeo (BG)

Keyword suggestion: Building, Residence